Il 26 Aprile scorso ha avuto luogo a Roma la Conferenza Bilaterale sulla Ricostruzione dell’Ucraina. L’obiettivo della Conferenza, promossa dal Governo italiano, è presentare il sistema Italia come partner privilegiato nelle attività di ricostruzione attese nel momento in cui la guerra sarà (auspicabilmente il prima possibile), terminata. Hanno partecipato, oltre alle più alte cariche degli Stati italiano ed ucraino, anche le più grandi società private e pubbliche italiane nei settori strategici dello sviluppo.
Si presegue una strategia in modo da essere in prima linea per beneficiare di uno dei più ambiti “by-products” della guerra: la ricostruzione: un “affare” da 400 miliardi, un contesto in cui si genera ricchezza a pioggia, per i ricostruiti e per i ricostruttori.
E’ questo il sedimento culturale del Piano Marshall: un epopea socio-politico-economica che ha messo in moto una crescita “virtuosa”, sia dell’economia europea - i “ricostruiti” - che di quella americana - i “ricostruttori”.
Occorre tuttavia tenere presente che, a parte l’eccezione rifulgente del Piano Marshall, la guerra storicamente ha sempre avuto un saldo saldamente negativo a livello sistemico. Il successo del Piano Marshall è stato invece reso possibile da una circostanza determinante: l’enorme disponibilità di energia (ed altre conseguenti risorse materiali) a basso costo a livello globale ed in particolare negli Stati Uniti che in quel decennio registravano ogni anno una produzione di petrolio a basso e-costo superiore a quella dell’anno precedente...
Le dinamiche di tipo keynesiano, che sottostanno ai modelli basati sulla spesa pubblica e, nel caso di specie, sulla ricostruzione post-bellica, potranno funzionare anche in un contesto in cui l’energia disponibile a basso costo, a contrario, va riducendosi?
O il saldo finale vedrà prevalentemente debiti e cattedrali...?