Le fiamme alla 30a COP di Belém e la crisi del multilateralismo

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4 dicembre 2025 484 parole

Non ci stanchiamo di ripeterlo: le COP sono un’arma del tutto inadeguata per affrontare il cambiamento climatico: il loro obiettivo istituzionale (ridurre le emissioni di CO2 in atmosfera) è stato raggiunto solo due volte in trent’anni di attività: nel 2009 a seguito della crisi cosiddetta dei subprime e nel 2021 a seguito dell’epidemia covid. In qualunque ambito, quando per 3 volte consecutive uno strumento non funziona lo si sostituisce. Le COP non hanno funzionato per 30 volte consecutive.

Eppure questa volta mancava la delegazione USA (il Presidente Trump ha ovviamente deciso di disertare un evento istituzionalmente non proprio in linea con il suo drill baby drill) e ci sarebbero forse state le condizioni per ottenere un qualche risultato. Invece niente: fumo e inconsistenza per l’ennesima volta.

A monte va detto che, purtroppo, una riduzione delle emissioni di anidride carbonica, inevitabilmente connessa ad una riduzione dei consumi, non può essere realmente perseguita a livello intergovernativo da Paesi indebitati, che sulla crescita dei consumi basano (follemente) la propria esistenza.

Il fallimento della 30a COP rappresenta inoltre l’ennesimo segnale – insieme a diversi altri – della crisi del multilateralismo, a cui stiamo assistendo da un po’ di anni. Non solo gli attuali leader di Paesi come gli Stati Uniti o la Russia sono in prima linea nell’affossare le occasioni di confronto multilaterale, molti altri di fatto vi collaborano più o meno esplicitamente. Ovviamente l’evidente incapacità degli stessi organismi (come la COP) a perseguire i propri obiettivi non può che contribuirvi.

E’ tuttavia da salutare positivamente la decisione – a contrario – dei governi della Colombia e dei Paesi Bassi di lanciare – anche a fronte dei risultati delle COP ed all’interno della stessa – una nuova iniziativa multilaterale, finalizzata all’abbandono dei combustibili fossili. Questa iniziativa si è concretizzata in una Dichiarazione a cui hanno aderito diversi Paesi (Australia, Austria, Belgio, Cambogia, Cile, Colombia, Costa Rica, Danimarca, Figi, Finlandia, Irlanda, Giamaica, Kenya, Lussemburgo, Isole Marshall, Messico, Micronesia, Nepal, Olanda, Panama, Spagna, Slovenia, Vanuatu e Tuvalu).

Serve molta speranza e l’ottimismo della volontà per dare credito a questa nuova iniziativa, che rischia di rimanere solo un ennesimo pezzo di carta, tuttavia è una testimonianza della crescente consapevolezza dell’inadeguatezza delle COP e (confidiamo) nella volontà di distaccarsene. Delegare il perseguimento di un obiettivo allo strumento sbagliato è infatti il miglior modo per impedirne il raggiungimento.

L’Italia è uno dei Paesi più interessati ad abbandonare i combustibili fossili: destina enormi risorse al loro reperimento da altri Paesi produttori ed avrebbe probabilmente la possibilità di sostituirli in gran parte con fonti energetiche rinnovabili (mutando le proprie abitudini di consumo in quantità e forma), tuttavia non appare tra i sottoscrittori della Dichiarazione; preferisce l’ammuina dell’attuale sistema di gestione multilaterale del problema.

La 30a COP di Belém si è chiusa il 22 Novembre scorso; l’ultimo giorno è scoppiato un incendio nei pressi dei padiglioni africani: un presagio dal significato chiaro, sicuramente ignorato da tutti.