Magliette a basso prezzo ma ad alta energia: quanta dietro una T-shirt?

kWh
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6 luglio 2025 582 parole

Una T-shirt bianca, semplice, costa circa cinque euro. La trovi ovunque: al centro commerciale, online, magari pure in promozione “3x10€”. La compri, la indossi due volte, finisce in fondo all’armadio o nel sacco degli abiti usati. Fine della storia?

Non proprio.

Dietro a quella maglietta si nasconde un processo produttivo sorprendentemente energivoro: coltivazioni intensive, lavorazioni meccaniche, tinture chimiche, viaggi intercontinentali. E a ogni passaggio, un bel po’ di energia (e moltissima acqua) viene consumata e incorporata nel tessuto stesso.

Proviamo a rispondere a una domanda solo apparentemente semplice: quanta energia serve per produrre una T-shirt? E soprattutto: quali sono le fasi più energivore? Per farlo, useremo come riferimento il concetto di CED – Cumulative Energy Demand, lo stesso indicatore che abbiamo già applicato ad altri oggetti quotidiani come la carta igienica o le bottiglie in vetro, e la stessa metodologia usata nella nostra app Suasì!

Spoiler: la prossima volta che ne compri una, forse ti verrà voglia di lavarla meglio e tenerla più a lungo.

Nel nostro caso analizziamo una T-shirt di cotone da 150 grammi che può avere ha una CED intorno a 10-12 kWh, a seconda del materiale e del processo produttivo adottato.

FaseConsumo energetico (kWh per T-shirt)% sul totale
Coltivazione del cotone4,3~43%
Filatura del filato1,8~18%
Tessitura1,1~11%
Tintura e finissaggio0,7~7%
Confezionamento0,4~4%
Packaging0,4~4%
Trasporto globale1,4~14%
Totale stimato10100%

Nota: questo valore può variare molto in base a qualità del cotone, tecnologie produttive e distanza di trasporto.

Per avere un’idea più concreta, ecco cosa si può fare con 10 kWh di elettricità:

  • Guardare Netflix su una TV LED per 125 ore
  • Lavare 7 carichi di biancheria in lavatrice a 40°C
  • Caricare uno smartphone 1250 volte

Impatto climatico: 10 kWh = 7 kg CO₂e? Molti studi riportano che la produzione di una T-shirt genera circa 7 kg di CO₂ equivalente.
La conversione tra CED ed impatto ambientale espressa in gCO2e può essere abbastanza complessa ma in sintesi dipende - in gran parte e per la maggior parte dei prodotti - dal mix di fonti energetiche utilizzate per produrre l’elettricità utilizzata dal produttore (nel Paese in cui ha la sede), tenuto conto dei consumi energetici avvenuti altrove (ad esempio per l’estrazione delle materie prime, se importate), di quelli della logistica, del confezionamento, etc.

Considerando la produzione di elettricità da puro carbone questo dato è molto alto: 1 kWh = ~1 kg CO₂, mentre 1 kWh da fotovoltaico = ~0,05 kg CO₂
Quindi lo stesso numero di kWh può significare emissioni fino a 20 volte diverse.

Per questa ragione a una CED relativamente bassa possono talvolta corrispondere emissioni CO₂e anche elevate, in particolare per alcuni processi produttivi come la produzione di carne e latticini o in quella del cemento oppure, nel caso di specie, in relazione al massiccio utilizzo di fertilizzanti (N₂O è un gas serra potente circa 300 volte la CO2!)

Nel caso della nostra generica T-shirt, abbiamo visto che costa poco al portafoglio, non eccessivamente a livello energetico ma parecchio a livello ambientale. Ogni capo acquistato porta con sé migliaia di litri d’acqua, chilogrammi di CO₂ e e chilowattora di energia.

La prossima volta pensaci prima di aggiungerne un’altra al carrello. Magari la compri usata, oppure… non la compri affatto, come suggerisce questo divertente spot pubblicitario di ADEME, l’agenzia nazionale francese per l’ambiente (trasmesso in Francia per due settimane, prima che l’associazione degli industriali di settore lo facesse togliere dal palinsesto…)