Il senso comune ci fa pensare che un sistema che “va più forte” consumi di più, sia meno efficiente, meno sostenibile. In generale questo è vero per i sistemi meccanici – l’esempio più lampante è quello dei mezzi di trasporto – ma si può estendere questo principio ai sistemi biologici? Si può pensare che anche il nostro corpo, se tenuto “ad alti regimi” di battito cardiaco (quindi sotto sforzo), aumenti i propri consumi in modo non lineare?
Spesso chi fa sport in modo regolare afferma di sentire il proprio metabolismo accelerato, di avere bisogno di mangiare di più per recuperare le calorie spese in eccesso. Saremmo quindi portati a pensare che la potenza media di uno sportivo sia più alta di una persona sedentaria e che quindi chi fa sport sia più energivoro, in un certo senso meno efficiente e sostenibile di una persona poco attiva.
Alcuni studi fatti sul metabolismo di diverse popolazioni e diversi stili di vita hanno però evidenziato risultati sorprendenti, ai limiti del paradosso.
Innanzitutto, come si misura l’energia spesa nel fare attività sportiva? C’è una definizione scientifica, il MET (acronimo inglese per equivalente metabolico di attività), che è in pratica la misura del consumo di ossigeno di una persona rispetto al consumo standard di una persona a riposo, seduta e in silenzio, che è pari a 3,5 ml per chilogrammo di peso al minuto: 1 MET . In unità di energia a noi familiari, si ha
\[ 1\;\mathrm{MET} = 1\;\mathrm{kcal} / (\mathrm{kg}\cdot \mathrm{h}) = 1.162\;\mathrm{W/kg}\]Per avere un’idea, una pubblicazione di Harvard fa una panoramica delle calorie bruciate in 30 minuti per attività diverse svolte da una persona del peso di circa 70 kg (155 libbre nella tabella originale).
Nella tabella seguente, alcuni esempi di energia spesa in un’ora di attività da una persona di 70 kg di peso:
| Attività | Energia consumata in 1 ora | MET | |
|---|---|---|---|
| kcal | Wh | ||
| Camminata a 6.4 km/h | 260 | 302 | 3,7 |
| Nuoto generico | 430 | 500 | 6,1 |
| Mountain biking | 600 | 697 | 8,6 |
| Corsa a 9.6 km/h | 700 | 814 | 10,0 |
Un’ora di corsa a velocità moderata richiede quindi 10 volte l’energia spesa a stare seduti a riposo (1 MET).
Nel 2012 fu pubblicato uno studio che mise a confronto lo stile di vita e quindi l’attività fisica svolta dalle popolazioni in paesi industrializzati, mediamente sedentarie, con quella di comunità di cacciatori-raccoglitori, come la tribù Hadza della Tanzania, che trascorrono gran parte della loro giornata camminando, cacciando, scavando, arrampicandosi sugli alberi, etc. Per dare un’idea dell’intensità media della loro attività: un uomo Hadza cammina in media 11.4 chilometri al giorno (una donna “solo” 5.8), in molti casi più di quanto un impiegato “occidentale” faccia in una settimana.
Nello studio sono stati misurati i tassi di consumo energetico metabolico, con la tecnica della doubly labelled water.
I risultati dello studio sono sorprendenti: le calorie giornaliere consumate dagli Hadza sono molto simili a quelle di una persona tipo in un paese industrializzato: 1900 kcal/giorno per le donne, 2600 kcal/giorno per gli uomini.
Come è possibile, a fronte dei valori di MET stimati per lo stile di vita di una società di cacciatori-raccoglitori, che il loro fabbisogno energetico sia del tutto simile a quello di popolazioni molto più sedentarie? In questo caso i meccanismi biologici sembrerebbero quasi eludere le leggi della termodinamica.
Anche l’ipotesi genetica è stata scartata: sono state successivamente esaminate altre popolazioni, con caratteristiche simili agli Hadza ma in diverse parti del globo, con risultati simili.
Interessante è anche il risultato di un confronto infra-popolazione: gli individui più attivi in una società “occidentale” consumano di più di quelli sedentari? Sì ma… pochissimo, nell’ordine delle 100 kcal.
Da questo ulteriore risultato paradossale è stato proposto un modello, chiamato “Constrained Total Energy Expenditure”: a bassi livelli di attività fisica l’energia consumata cresce linearmente, ma poi flette verso un plateau all’aumentare dell’intensità. Questo perché il corpo sembra adattarsi, modificando il metabolismo: spende infatti meno energia durante le fasi di inattività.
Abbiamo quindi un responso, o almeno qualche elemento in più per dare una risposta ragionata alla domanda iniziale: fare sport fa male al pianeta? Ci sentiamo di dire di no, alla luce di quanto osservato sulla capacità del nostro corpo di adattarsi allo sforzo – entro certi limiti – e ottimizzare il proprio budget energetico giornaliero.
Il rischio, come sempre, è di concentrarsi sui dettagli e tralasciare magari aspetti più impattanti che fanno da contorno al nostro “fare sport”. Se in palestra ci andiamo in macchina…