L’auto è ancora oggi per molte persone uno status symbol, un oggetto personale che piace sfoggiare e “indossare” come un abito. E, alla stregua di un abito, è molto difficile pensare di farla “indossare” – se non per un breve giro davanti allo specchio – ad altre persone.
Questo modo diffuso di vedere l’oggetto auto ha portato quindi ad una serie di aberrazioni di cui abbiamo parlato, come ad esempio l’altissimo tasso di veicoli per numero di abitanti o l’imbarazzante rapporto tra ore di utilizzo effettivo e ore di sosta.
Sarebbe interessante pensare all’auto come a un servizio della comunità. I servizi di car sharing e pooling – nelle varie declinazioni come Enjoy/ShareNow, BlaBlaCar, Uber – potrebbero in teoria andare nella direzione di ottimizzare la CED delle auto e ridurre al minimo il tempo di sosta. Ma si sono più o meno tutti rivelati l’ennesima occasione di business, dove poche compagnie si mangiano tutto il mercato e, puntando a massimizzare i profitti, trascuranoi potenziali benefici in termini di efficienza.
L’esperimento del socio di ResConDA si basa invece su una vera condivisione tra utilizzatori: chi possiede già un veicolo, ma non ha necessità di usarlo tutti i giorni per molte ore al giorno, può renderlo disponibile all’utilizzo ad altre persone. Con un minimo di organizzazione, stabilendo anticipatamente le condizioni di utilizzo e di “prenotazione” degli slot, si può arrivare a ridurre significativamente le ore di sosta del veicolo condiviso. Volendo fare un’analogia, il modello ricorda quello delle multiproprietà usato in ambito immobiliare.
Alcune considerazioni:
- ad oggi quasi nessuna compagnia assicurativa pone vincoli di singolo guidatore. In uno scenario in cui questa modalità dovesse diffondersi, non ci sarebbe da stupirsi se cambiassero le attuali policy;
- nell’esperimento è stato elaborato anche un modello per la distribuzione delle spese: nella sua forma più semplice, l’utilizzatore compila un form quando termina il suo “turno” di utilizzo, dove indica i chilometri fatti ed eventuali spese sostenute (carburante, manutenzione ordinaria, riparazioni, etc.). I dati finiscono in un registro comune, dal quale si può calcolare, in base ai chilometri fatti da ciascun utilizzatore, la quota di spesa spettante;
- l’esperimento ha coinvolto solo due utilizzatori. L’auto avrebbe avuto ancora molte ore “libere” da sfruttare, ma chiaramente i limiti stanno nel fatto che certe fasce orarie – banalmente il weekend – sono più ambite di altre, come il mese di agosto per una multiproprietà al mare. L’algoritmo di ripartizione potrebbe tenere conto anche di questo fattore;
- andrebbe elaborata una strategia per evitare la deriva presa, facendo di nuovo un parallelismo nel campo immobiliare, da AirBNB: l’idea originale di condividere letti e/o stanze della propria casa si è trasformata (non sempre ma molto spesso) in una modalità di affitto breve in tutto e per tutto simile alle strutture ricettive pre-esistenti. Va quindi evitato che il sistema si trasformi in un’opportunità di business, generando una spinta ad acquistare veicoli che può facilmente vanificare ogni vantaggio ambientale del modello ed al limite anche renderlo negativo.
Vivete in città e avete un’auto che usate poco, e magari vi pesa saperla parcheggiata in strada per giorni interi? Provate a mettere da parte l’idea che la vostra macchina voglia essere guidata solo da voi e pensate se avete amicizie non automunite che potrebbero beneficiare di qualche ora a settimana di condivisione.