Si avvicina l’inverno e il pensiero corre ai costi del riscaldamento, per quanto al momento in cui scriviamo le temperature restino superiori rispetto alla media stagionale. Ma non è di quel costo che vogliamo parlare ma di un’altro, relativo al riscaldamento da cambiamento climatico ed al suo costo, tra gli altri, in termini di calo della produttività, dovuta al caldo.
La cosa non ci disturba, anzi, il calo della produttività significa calo della produzione e dei consumi, un effetto di retroazione negativa sul cambiamento climatico in corso dovuto essenzialmente proprio alla produzione ed ai consumi.
Tuttavia, poiché il pensiero mainstream và spesso al costo economico della transizione “green”, considerando questo parametro come determinante nelle decisioni politiche, vogliamo sottolineare come il cambiamento climatico abbia dei costi economici, tutt’altro che trascurabili.
Al caldo si lavora meno e non è un luogo comune, è un fatto: al salire della temperatura il sangue diventa liquido di raffreddamento: abbandona gli organi centrali per portarsi in zona sottocutanea (si diventa rossi per il caldo), li si raffredda, grazie alla evaporazione del sudore (sempre che il tasso di umidità non sia superiore ad una certa soglia, nel qual caso non si raffredda nulla e si muore) e successivamente torna agli organi centrali per raffreddarli e poi ripartire verso la pelle. In questa situazione la minor quantità di sangue riduce l’ossigenazione del cervello e la persona perde lucidità. Parallelamente si riduce la motricità (a causa del senso di affaticamento) al fine di ridurre il surriscaldamento causato dalla contrazione muscolare. Insomma, il corpo reagisce al caldo, che lo si voglia o no, e la conseguenza è che si lavora meno e peggio.
Secondo il rapporto annuale The Lancet countdown on health and climate Change “l’esposizione al calore limita la produttività del lavoro” e l’aumento della temperatura media causata dal cambiamento climatico comporta per l’Italia una perdita economica pari a circa 4 miliardi di euro.
E questo è solo il costo economico in termini di perdita di produttività, a cui il Report aggiunge i costi sanitari causati dal cambiamento climatico ed a cui occorrerebbe ancora aggiungere quelli (non considerati dal report) relativi alle perdite della produzione agricola, alle conseguenze della siccità e degli eventi idrogeologici, etc.. E di questi se ne vedono sempre di più e più funesti, come quello, probabilmente neanche quantificabile, a causa dell’alluvione che si è abbattuta in Spagna.
Il fatto è che, purtroppo, eventi calamitosi e devastanti come quest’ultimo (o come anche la guerra), sono da molti - troppi - visti non come un costo economico, ma come un’opportunità…
A margine: sull’alluvione in Spagna troverete articoli di giornalisti attivi nella negazione del cambiamento climatico e/o delle sue cause antropiche (es. l’affidabile Nicola Porro) , che insistono sul fatto che inondazioni e vittime a Valencia ci sono sempre state. Ebbene, in nessuna delle precedenti una stazione metereologica ha registrato 770 mm di pioggia in 14 ore.