Ok, è vero: l’accordo di Parigi è stato a suo tempo un risultato significativo, una bella dichiarazione di intenti, ed in assenza della COP non ci sarebbero altri luoghi di confronto in cui si possa discutere su un piano globale di ambiente ed emissioni climalteranti, però…
Abbiamo già rilevato l’anno scorso in questo post l’inconsistenza dei risultati raggiunti da queste COP: la CO2 in atmosfera (alla cui riduzione le COP sono prioritariamente vocate) è cresciuta inesorabilmente negli ultimi decenni, oltretutto con ratei di incremento crescenti nel tempo (tranne nel solo anno “covid”). Dopo 28 anni che un organismo fallisce nella sua mission principale continuare ad investirci non è solo uno spreco in termini di risorse e fiducia, ma un'attitudine diabolica e un danno, poiché si ostacola la ricerca di altri strumenti, magari più efficaci, in un contesto in cui il tempo a disposizione per evitare impatti sempre più rilevanti è sempre meno (non a caso il simbolo del movimento ambientalista XR è la clessidra).
In questa edizione, il Presidente della Conferenza Sultan Al Jaber, (sorvolando per mancanza di parole sul fatto che a presiedere la COP sia il CEO della più importante azienda petrolifera degli Emirati e sulla sua dichiarazione alla fine della COP: “non esiste evidenza che l'eliminazione dei combustibili fossili impedisca di superare i +1,5 °C”), aveva dichiarato:
“Voglio che questa COP sia la COP che massimizza lo slancio verso la mitigazione, sono determinato a dimostrare che questa COP è una COP diversa, ci concentriamo sul mantenere 1,5 C° entro la nostra portata e sul raggiungimento della massima, più alta ed ambiziosa risposta”.
Ora l’unico risultato pare essere la messa in cantiere del Fondo per riparare i danni ambientali dei Paesi più poveri (e più colpiti). Al di là della discussione sulla adeguatezza delle risorse stanziate, vale la pena notare che: 1. comunque si sceglie la riparazione alla prevenzione del danno (la riparazione fa girare l’economia, la prevenzione la soffoca), corollario di questo assunto è che: 2. Il Fondo in questione sarà gestito dalla Banca mondiale, per cui presumibilmente le risorse stanziate torneranno in larga misura ai Paesi “benefattori”, le cui aziende saranno chiamate a realizzare gli interventi di ripristino resi necessari.
Probabilmente (quasi certamente, purtroppo…), l’anno prossimo scriveremo più o meno le stesse cose. Ma magari no, possiamo ottimisticamente sperare che si smetterà con questa consolidata e vana pratica delle COP per cercare un percorso più serio, più responsabile.
I numeri: si parla di 70.000 delegati di 198 Paesi del mondo. Lo scorso anno a Sharm El Sheik i delegati dichiarati erano 30.000: un evento quindi che, nonostante l’insipienza, aumenta di popolarità…
Mantenendo l’ipotesi di 5000 km di distanza media della trasferta di ciascuno delegato, la COP 28 rilascia, per il solo traffico aereo indotto, circa 26 mila tonnellate di CO2 in atmosfera (erano 11.000 lo scorso anno). E abbiamo utilizzato i dati del traffico aereo di linea, ignorando la realtà dei 315 Jet privati che sono arrivati a Dubai in questi giorni.