BitCoin: profitto per pochi, un danno per tutti.

GWh
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9 agosto 2025 627 parole

L’amministrazione Trump punta sempre di più sulle monete virtuali ed il BitCoin arriva a 100.000 USD di valore, rendendo alcune persone molto soddisfatte (e moltissime amareggiate per non averli comprati a suo tempo). Ma dietro al BitCoin c’è una questione energetica rilevante.
Il Bitcoin, come tutte le cryptocurrencies, è un bene di investimento virtuale il cui prezzo è determinato dalla quantità di denaro che gli acquirenti sono disposti a spendere per averlo e la cui caratteristica è di non potere essere falsificato e di essere in numero tecnicamente limitato –21 milioni, limite astutamente posto dal (presunto) creatore del sistema BitCoin, Satoshi Nakamoto, in modo da stimolarne la crescita del valore sui mercati. Già solo questa descrizione contiene in sé un alone di assurdità. Si tratta di qualcosa che ha un valore convenzionale (variabile) ma è del tutto privo di valore intrinseco (utilità).

Certo non è l’unico bene ad avere tali caratteristiche: sono innumerevoli i beni acquistati e venduti sui mercati finanziari sostanzialmente privi di valore.
Le crypto currencies rispetto ai titoli “tradizionali” hanno tuttavia una specificità: l’impossibilità di falsificazione del titolo non è garantita da un ente intermediario (banca o governo o altro) ma dal fatto di essere il prodotto di un particolare algoritmo di calcolo, che assicura l’unicità del BitCoin tramite sequenze di numeri sempre più complesse. Tali sequenze richiedono tuttavia potenze di calcolo crescenti: ogni BitCoin creato richiede infatti quantità sempre più grandi di energia rispetto al precedente, energia necessaria per alimentare i processori impegnati nella sua generazione.

Se i primi BitCoin potevano essere generati da un normale PC domestico, oggi (che di BitCoin ne sono stati generati circa 19 milioni su 21 “disponibili”) servono enormi potenze di calcolo e corrispondenti quantità di energia, necessaria per alimentare gli elaboratori..

Secondo questo studio il consumo dei BitCoin è stato di 236 TWh nel 2021, poco meno del consumo di elettricità annuo italiano (ca. 300 TWh) mentre secondo questa fonte sono necessari 6,4 GWh di energia per realizzare un singolo BitCoin (il consumo di elettricità annuo di circa 2000 famiglie italiane).
Vale la pena notare che il consumo globale complessivo di elettricità dei data center è stato nel 2024 di 415 TWh (dati IEA) il che vorrebbe dire che il mining dei BitCoin da solo pesa più del 50% dell’intero consumo di elettricità dei data center (ci pare un po’ troppo…).
Se il “mining” venisse fatto in Italia, al costo medio di mercato dell’elettricità, un BitCoin avrebbe un costo di produzione (solo per l’energia consumata e al netto inoltre di tasse, oneri etc.) pari a 700.000 USD: 7 volte il suo valore attuale di mercato. Ovviamente questo valore è variabile (anche in relazione all’hardware utilizzato) ma ragionevolmente l’ordine di grandezza non cambia.
Per questa ragione i BitCoin vengono realizzati in Paesi in cui l’energia ha un prezzo di vendita particolarmente basso: qualche anno fa erano realizzati in gran parte in Cina – che ha tuttavia deciso nel 2021 di vietare il mining di BitCoin – e oggi in Paesi come il Kazakistan o l’Iran, che hanno costi bassi dell’energia (in Iran il costo di produzione del BitCoin si aggira intorno ai 30.000 USD, al netto di tasse, oneri, etc.).

In conclusione, diversamente dai titoli tradizionali, le cryptocurrencies offrono agli investitori potenziali profitti al costo di una sistematica distruzione di risorse naturali, in particolare dei combustibili fossili e di quant’altro viene consumato per generare l’energia richiesta dalla loro produzione, con la conseguente generazione di importanti emissioni climalteranti (essendo inoltre realizzate in Paesi con una quota trascurabile di energia da fonte rinnovabili: in Iran è di poco superiore al 2%).
In altre parole si sacrificano sistematicamente importanti risorse naturali collettive per la realizzazione di entità puramente convenzionali, utili solo per pochissime persone assorbite da una immaginifica brama di ricchezza.