In una precedente pillola abbiamo analizzato la produzione di combustibili estratti dall’aria. Qui invece parliamo di acqua potabile estratta dall’aria. Sembrerebbe che dall’aria si possano ottenere un sacco di cose, come anche dall’acqua di mare, dal suolo, etc. Tuttavia c’è sempre un problema: l’energia richiesta per farlo.
L’energia è infatti il principale vincolo che presiede ad ogni operazione di trasformazione o “estrazione” di questo tipo. Nei mari ci sono 20 milioni di tonnellate d’oro, una quantità di gran lunga superiore a quella estratta fino ad oggi dall’uomo, tuttavia la sua estrazione è energeticamente così costosa da essere impraticabile.
In generale quindi l’estrazione dell’acqua dall’aria può diventare un’opzione praticabile solo se l’energia spesa è inferiore a quella necessaria per procurarsi la stessa acqua in altro modo.
Nella nostra società (europea) l’e-costo di un litro d’acqua del rubinetto (l’energia spesa per ottenerla) è pari a circa 2 Wh (ne abbiamo parlato in questa pillola). Si tratta di un valore medio, relativo ad un contesto relativamente ricco di fonti ed in cui sono disponibili gli acquedotti per la sua distribuzione. Naturalmente l’acqua ha un e-costo molto superiore in un’area priva di acquedotti. Proprio per fare fronte alle esigenze di questi contesti (generalmente aree geografiche marginali di Paesi ricchi o aree assai più ampie di Paesi poveri o desertici), si è pensato di estrarre acqua dall’aria.
Non è un’idea nuova ed esistono diversi sistemi per farlo. In sintesi, mirano tutti a condensare l’umidità presente nell’aria, in modo non molto dissimile da quanto fa un condizionatore: l’aria passa attraverso circuiti di raffreddamento sui quali l’umidità si condensa trasformandosi in acqua, che viene raccolta in un serbatoio. Di questi sistemi “AWG - Atmospheric Water Generator” se ne trovano in commercio diverse tipologie. Ma quanta energia richiede il loro funzionamento?
I dati disponibili in rete riportano valori compresi tra 200 e 400 Wh per litro (Genag, Watergen), da 100 a 200 volte superiori quindi all’acqua del rubinetto (ma comunque 10 volte inferiori rispetto all’acqua in bottiglia, che ha un e-costo compreso tra 2000 e 3000 Wh per litro - vedi qui).
Va detto che i dati di e-costo forniti dai produttori – anche volendoli considerare attendibili – tengono conto del solo consumo dell’apparecchio durante il funzionamento e non, come abbiamo imparato, anche del costo energetico di produzione e manutenzione del sistema, che non è certo trascurabile: il sistema richiede numerosi accorgimenti per rendere l’acqua potabile: occorre purificarla per mezzo di diversi filtri (da sostituire periodicamente), ad essa vanno aggiunti (tramite pastiglie) sali minerali (perché il vapore acqueo condensato è praticamente acqua sterilizzata, priva di quei sali senza i quali il nostro organismo non funziona) e deve essere sterilizzata (normalmente con lampade UV). Insomma al consumo diretto va aggiunto quello indiretto, derivante dalla produzione del sistema e soprattutto dalla sostituzione delle componenti soggette a consumo (filtri, pastiglie, lampade, etc.), il che sicuramente aumenta in modo significativo l’e-costo per litro (per determinarlo occorrerebbe uno studio approfondito).
Per chi fosse interessato qui i link ad alcuni sistemi AWG più o meno disponibili sul mercato: Source - Akvo - Uravu - Airowater - Genaq - Genesis - Watergen
Esistono anche sistemi più efficienti rispetto a quelli sopra descritti (anche se probabilmente non sterilizzano né aggiungono sali minerali…): i cosiddetti “pozzi d’aria” che condensano il vapore acqueo senza apporto di energia, sfruttando i flussi dell’aria e le proprietà di alcuni materiali. Si tratta di sistemi destinati a collettività e non a nuclei familiari (se non altro per le dimensioni) . Uno di essi, operativo da diversi anni presso diverse comunità africane, la “warka tower”, è stato sviluppato da un italiano, Arturo Vittori.