Abbiamo già confrontato i diversi sistemi di generazione del calore necessario a mantenere l’ebollizione, e trattato tecniche “eccentriche” di cottura promosse niente meno che da premi Nobel per la fisica.
Vogliamo oggi porre l’attenzione sulla modalità con cui lasciamo la pentola sul fuoco, sia nella fase di riscaldamento fino all’ebollizione dell’acqua, sia nel lasso di tempo necessario ad avere la pasta cotta al punto giusto (al dente, su questo non si discute).
Le variabili in gioco sono: quantità di acqua, rilevante per la fase di riscaldamento; dimensione del “fuoco”, nel senso del termine tecnico per identificare ciascuno degli erogatori di gas presenti in un piano cottura a gas; apertura del manettino del gas; presenza di coperchio sulla pentola.
Lasciando da parte la cottura alla Parisi di cui sopra, immaginiamo il caso normale in cui il fuoco rimane acceso dall’inizio fino alla scolatura della pasta.
Consideriamo una singola porzione di 80-100 g di pasta. Un piano cottura standard ha quattro fuochi, con potenze normalmente variabili tra 1 e 3 kW.
Partiamo dall’inizio: la fase di riscaldamento. Le variabili che incidono di più qui dovrebbero essere la quantità di acqua e la presenza o meno del coperchio.
Per quanto riguarda dimensione e potenza del fuoco, è intuitivo pensare che sia sensato fornire la massima potenza, per portare velocemente l’acqua a ebollizione e minimizzare il tempo in cui la pentola disperde nell’ambiente parte del calore che sta assorbendo.
La quantità di acqua è un fattore su cui spesso non si fa attenzione e si tende, “per star tranquilli”, a metterne più del necessario. Per la porzione considerata, la quantità sufficiente di acqua per garantire che la pasta sia sempre immersa fino a fine cottura (da cotta occupa più volume), può essere stimata intorno a un litro. Come caso limite di “eccesso di zelo”, consideriamo tre litri.
L’energia necessaria a scaldare un corpo è direttamente proporzionale alla sua massa, quindi per scaldare tre litri serve almeno il triplo dell’energia: poiché il riscaldamento di tre litri richiede più tempo, c’è anche maggiore dispersione del calore nell’ambiente. Questa stima non è banale, ma possiamo conservativamente aggiungere un 5%.
Per quanto riguarda il coperchio: la sua presenza non è trascurabile, in quanto permette di creare una camera d’aria che isola parzialmente l’acqua dall’ambiente, riducendo la dispersione del calore che arriva dalla fiamma sottostante. Anche qui i conti precisi non sono facili da fare, ma possiamo aggiungere un altro 10% all’energia necessaria ad arrivare a ebollizione nel caso ci si dimenticasse di mettere il coperchio.
Gli scenari limite sono quindi, per la fase di riscaldamento:
- tre litri d’acqua, senza coperchio;
- un litro con coperchio.
La differenza relativa tra i due è data dal fattore 3.47 (3 + 5% + 10%).
Per avere un’idea di quantità assoluta, riprendiamo la stima fatta per le linguine alla Parisi di 5 minuti per bollire 2 litri d’acqua con un fuoco da 6 kW. Qui abbiamo la metà di potenza, quindi il tempo per bollire un litro è lo stesso, mentre ci vanno 15 minuti (!!!) se i litri da far bollire sono tre. Otteniamo quindi, rispettivamente, 11.4 e 39.6 Wh.
Veniamo ora alla cottura della pasta. Assumiamo un tempo di cottura di 10 minuti. Riprendendo le suddette variabili, è chiaro che gli scenari possibili sono molteplici, a seconda delle combinazioni di fuoco piccolo/grande, coperchio sì/no, apertura gas al minimo/massimo (o valori intermedi). Delineiamo per semplicità gli scenari limite:
- fuoco piccolo al minimo di potenza con coperchio;
- fuoco grande al massimo senza coperchio.
L’acqua in questo caso sta già bollendo, quindi è irrilevante la differenza di quantità che abbiamo considerato precedentemente. La presenza del coperchio qui è rilevante per garantire che l’acqua, avendo il fuoco al minimo, rimanga comunque in ebollizione (cosa che qui riteniamo importante, checché ne dica il prof. Parisi), ma non altererà i tempi di cottura e quindi non ha senso considerare il fattore 10% di cui sopra. Il fattore moltiplicativo è quindi dato solo dal rapporto tra le potenze dei fuochi, ovvero 3 kW / 1 kW = 3.
Facendo i conticini, per il tempo di cottura di dieci minuti otteniamo: (1.) 1.39 Wh, (2.) 4.17 Wh.
Mettendo insieme le due fasi e sommando gli scenari estremi omologhi, otteniamo a. 12.79 Wh, b. 43.77 Wh.
Quanto incide questo sul bilancio energetico – e infine anche sulla bolletta – in un anno di cotture di pasta? Ipotizzando una pasta al giorno, si passa da (1.) 4.67 kWh a (2.) 15.98 kWh, ovvero lo scenario “peggiore” consuma 3.4 volte l’energia di quello più conservativo.
Lasciamo ai lettori l’ardua sentenza: per i fondamentalisti che rimangono rigorosi sullo scenario a basso consumo, ha senso continuare a difendere la propria posizione contro chi in casa non sembra darci troppo peso e non si sente disturbato da una pentola sobbollente sopra il gas grande aperto al massimo?