22 miliardi di Euro

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1 febbraio 2023 229 parole

Si tratta per la quasi totalità di prodotti a basso costo (specialmente nei settori elettronica e tessile) acquistati su Internet e restituiti dagli acquirenti al venditore per il quale, per ragioni amministrative, organizzative etc. è più conveniente distruggerli che rimetterli in vendita…

Le quantità di prodotti restituiti e distrutti sta avendo una crescita esponenziale, soprattutto in relazione ai modelli di consumo indotti da operatori come Amazon, che stimolano - in una certa misura - l’acquisto di beni non necessari ed anche la restituzione degli stessi, grazie a procedure di reso agevoli e gratuite.

Il fenomeno è stato oggetto dello studio “Product destruction: Exploring unsustainable production-consumption systems and appropriate policy responses”, realizzato da alcuni ricercatori della Lund University (SE), che tra le altre cose sottolinea come i provvedimenti legislativi adottati al riguardo in Paesi attenti all’impatto ambientale delle prassi di consumo (come ad esempio la Francia, che ha vietato la distruzione dei prodotti restituiti), di fatto non sembrano funzionare.

Dovrebbe essere fatta una seria valutazione di impatto del fenomeno dell’E-commerce: infatti il possibile vantaggio, in termini ambientali, che potrebbe conseguire dalla più efficace logistica delle consegne di un vettore di merci come Amazon, rispetto alla logistica parcellizzata di N comportamenti di acquisto individuali, è probabilmente più che vanificato dall’aumento degli acquisti compulsivi indotti anche dalla facilità delle politiche di reso, a maggior ragione se i beni in questione vengono distrutti.